In un’intervista a Sportweek di qualche anno fa, Daniele De Rossi – per il quale in 19 anni la maglia giallorossa è diventata “una seconda pelle” – disse che allenare la Roma era il suo sogno: “E so che un giorno mi siederò su quella panchina”.
Quel giorno è arrivato prima del previsto, a 40 anni, per i risultati ma anche per l’atteggiamento di José Mourinho, mai soddisfatto del mercato, deludente in termini di partite e di punti ma sempre pronto a costruire alibi.
I Friedkin hanno detto basta, e c’era solo una persona a cui affidare la Roma senza una rivolta popolare (Mou negli ultimi anni è riuscito a compiacere molto bene certe corde della tifoseria): De Rossi, il fiore all’occhiello, Capitan Futuro, il più fanatico dei tifosi, nonostante una sola esperienza fallimentare in panchina con la Spal.
DDR non poteva dire di no e non lo ha fatto, per attaccamento, quasi per senso del dovere, nonostante i rischi.
Ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità della Roma in un momento come questo, a rischio di bruciarsi. Per di più ha mezza squadra in infermeria, ma nonostante questo rimane convinto che questa squadra possa raggiungere l’obiettivo del quarto posto, quello che porta alla coppa più importante e più ricca.
Un atteggiamento e uno stile completamente diversi da quelli di Mourinho, rispetto al quale De Rossi non ha nemmeno bisogno di strizzare l’occhio ai suoi tifosi.