Si astiene dal linguaggio volgare e dal racket, esprime gratitudine ai suoi genitori, non ama i pettegolezzi, possiede abilità culinarie e gode di amore e apprezzamento diffusi da parte dei suoi compagni membri del circuito.
Alcuni osservatori inglesi, avidi di novità a un costo misurabile, lo accusarono apertamente di essere prevedibile e noioso. Sostenevano che il tennis richiedesse figure ribelli come Kyrgios. Jannik Sinner, giustamente indifferente, rivela discretamente il suo sé autentico al mondo, la personalità di una persona veramente buona.
Di conseguenza viene coniato il termine “antipersonaggio” che, in tutta onestà, è semplicemente un altro modo banale e semplicistico di esprimere questa idea. Insinua che i super-campioni dello sport dovrebbero occasionalmente incarnare tratti come umorismo, sregolatezza, disordine, maleducazione, rabbia ed esibirsi al momento giusto davanti alle telecamere o durante le interviste.
Ma chi lo ha deciso? Nel mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, di cui i grandi sport sono una branca, ci sono mille modi per conquistare il cuore delle persone.
Il primo ed irrinunciabile punto: vincere. In secondo luogo c’è il modo di presentarsi e di farsi notare: si può fare come Ibrahimovic, l’erede di Ali a livello dialettico, o come Sinner, che non ha maschera da indossare. Per lui è un inutile spreco di tempo ed energie.
Ognuno si ricarica come crede: McEnroe ha tenuto discorsi in campo, innervosendo gli avversari e rivitalizzandosi; Il peccatore è calmo, impenetrabile, corretto e gestisce da solo le sue tempeste interiori. Senza neanche una pausa per andare in bagno.
Nello tsunami di commenti caduto da novembre a oggi sul tennista italiano più forte di tutti i tempi (perché tale è diventato domenica scorsa, a 22 anni), le migliori penne del Regno provano a descriverlo in modo accattivante, con la raffinatezza del suo talento.